Islanda , rudimentali esercizi di Democrazia
L'ex primo ministro islandese alla sbarra. Imputato si alzi e dica crack!
(fino a ieri sembrava una cosa impossibile)
Ed ecco perché chiedo la piena condanna per tutti i quattro capi d’imputazione“. Pronunciate queste ultime parole, Sigriõur Friõjónsdóttir resta in piedi, i lineamenti del volto ancora più sottili e solcati, i capelli corti bianchi che tradiscono perle di sudore. Il procuratore generale è una donna di mezz’età dal tratto fine e dallo sguardo di ghiaccio.
Ha parlato per tre ore con un breve intervallo di 15 minuti in un silenzio spettrale mentre dai finestroni dell’Alta corte di Reykjavik entra la luce sottile di queste giornate che annunciano l’equinozio di primavera. È mezzogiorno di venerdì 16 marzo e raggiunge l’apice l’ordalia purificatrice, la Norimberga della finanza, l’unico processo al mondo per punire i responsabili della grande crisi che ha portato al fallimento l’Islanda, piccolo paese con 320 mila abitanti, ma uno dei più ricchi al mondo in termini di reddito pro-capite.
Alla sbarra c’è Geir Hilmar Haarde, ex primo ministro, leader del Partito dell’indipendenza, liberale e liberista, protagonista delle privatizzazioni che hanno preparato il grande boom. «È un travestimento della giustizia» sostiene Hannes Gissurarson, politologo dell’Università islandese. “Una procedura tribale” scrive Christopher Caldwell sul Financial Times.
Quest’isola vulcanica al limite del Circolo polare, inesauribile fonte di saghe scandinave, era diventata la più ruggente delle tigri nordiche con una crescita del 6 per cento annuo, tre volte la media europea. Opere pubbliche fantasmagoriche come l’Harpa, una sala da concerti grande quanto la Royal Opera House londinese. Profitti che uscivano da una borsa cornucopia, finivano nelle tasche dei Viking raider, i nuovi finanzieri d’assalto, poi gocciolavano giù giù fino all’ultimo pescatore d’aringhe o cacciatore di balene. Le tre banche private, Landsbanki, Glitnir e Haupthing, prendevano i risparmi e speculavano nella City di Londra. Al culmine del loro delirio avevano una esposizione 11 volte superiore al prodotto lordo. Finché nel settembre 2008 non è collassata la Lehman Brothers.
Il racconto dettagliato di errori, omissioni, complicità, è scritto nelle 2.300 pagine del Rapporto verità, stilato dagli inquirenti su mandato del parlamento (il via libera è passato di stretta misura il 28 settembre) e giace sul tavolo davanti ai 15 giudici del Landsdòmur, il tribunale speciale creato nel 1905 per mettere sotto esame i membri del governo sospettati di comportamenti criminali. E Haarde, secondo Friõjónsdóttir, ha violato più volte le leggi, non solo per negligenza ma per la scelta deliberata di favorire le banche in mano ad amici e sostenitori. (fonte Blog/panorama.it)
No, state tranquilli, non è l’inizio di un romanzo di Dan Brown e neppure l’ultimo best seller di Ken Follet, bensì il resoconto di un avvenimento unico ....che a volte, pur nella incredulità generale, avviene e rende finalmente giustizia, in un mondo pieno di ingiustizie, ai deboli, agli oppressi, agli indifesi dalla prepotenza dei potenti.
Ma vediamo come tutto è iniziato......
La storia, il perché lo si capirà dopo, è una di quelle storie che nessuno racconta a gran voce, che vengono piuttosto sussurrate di bocca in orecchio, al massimo narrate davanti ad una tavola imbandita o inviate per e-mail ai propri amici. È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.
L'Islanda. Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffi bianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un'eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta. Un'esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari: di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistema del debito.
Ma procediamo con ordine. L'Islanda è un'isola di sole di 320mila anime – il paese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo di esercito. Una città come Bari spalmata su un territorio vasto 100mila chilometri quadrati, un terzo dell'intera Italia, situato un poco a sud dell'immensa Groenlandia.
15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di 'neoliberismo puro' applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.
Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d'Islanda era decisamente troppo.
Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos'altro invece si riaggiustò. Si ruppe l'idea che il debito fosse un'entità sovrana, in nome della quale era sacrificabile un'intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d'un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.
Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.
La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l'isolamento dell'Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verrà impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato contro l'Islanda le classiche misure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo le condizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell'intervista - ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”.
A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelò immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò. Nel frattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si era mosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario. L'Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l'Islanda.
In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando il paese aveva ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamente identica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali (come inserire la parola 'presidente' al posto di 're').
Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un'assemblea costituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolari elezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l'appoggio di almeno 30 persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito.
Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta. "Io credo - ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consiglio costituente - che questa sia la prima volta in cui una costituzione viene abbozzata principalmente in Internet".
chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio erano trasmesse in streaming online e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte. Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno poste in stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturita da questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta al vaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni.
Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l'Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione
Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settore pubblico era l'unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelli portoghesi, spagnoli ed italiani. In Islanda è stato riaffermato un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale. Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese. Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti? (fonte ilcambiamento.it)
Ma potreste immaginare un paese, la nostra Italia, che mette alla sbarra i responsabili del nostro debito pubblico, alla stessa stregua dei ladri di strada?
Potreste immaginare i nostri Governanti degli ultimi 60 anni, deposti per volere di tutti quei cittadini che scendono in strada, di tutti quegli indignados che per loro colpa vedono volatilizzati nel nulla, tutti i sacrifici di una vita. E, quale beffa, devono ora sopportare tutti i sacrifici di un improbabile risanamento di un buco, una voragine, che loro hanno causato.
Potreste immaginare di portarli a giudizio, imputando loro la colpa del dissesto finanziario che Loro hanno causato, con lo sperpero di enormi risorse riversati in mille rivoli, dispersi in finanziamenti clientelari, il cui principale scopo non era il bene pubblico ma il loro mantenersi a galla?
Non sarebbe giusto far pagare a loro, il debito che LORO hanno accumulato. LORO che hanno vissuto a sbafo tutta la loro esistenza e continuano a farlo con le pensioni dorate che si sono dati, pagate da noi.
Immaginate la confisca delle loro lussuose abitazioni, delle loro belle automobili sportive, delle loro imbarcazioni da diporto, la privazione ed il divieto di presentarsi a feste mondane dove si mangia caviale e si beve champagne, il divieto di presenziare, alle prime della scala, alle manifestazioni della moda, con le sedie in prima fila e per finire l’espropriazione delle loro assurde, impensabili, ricche, pappone pensioni.
Perchè non portarli alla sbarra e non condannarli ..... alla libertà, ad una pensione,che maturerà alla soglia dei settant’anni, magari di 750 euro al mese, costringendoli a vivere nei sobborghi di una grande città ....con un scorta che insegni loro come vive il cittadino NORMALE. Quello che loro non conoscono e non hanno mai conosciuto e comunque mai rispettato.
Utopia? nooooooo.......è successo.... in Islanda è successo !!!!!!!!.......
Riappropriamoci del nostro futuro. non diamo ascolto a quei poteri che mirano solo a proteggersi e a riprodurre se stessi. Pensiamo seriamente al nostro futuro.
Ricordiamoci che la democrazia, quella vera, si esercita quando si interpreta la volontà dei cittadini, di tutti i cittadini, non solo di taluni.
Ma vi immaginate una Islanda qui da noi? (rileggete i passi scritti in azzurro) ..... quando anche noi prenderemo coscienza di noi stessi!!!!!!!!!
mauro lago
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