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mercoledì 18 aprile 2012







Aung San Suu Kyi. E’ questo il nome di una donna sulla cui vita sappiamo poco, come del resto anche del suo Paese, la Birmania, al confine tra India e Cina. Una piccola realtà su cui si riflettono gli scenari di relazioni internazionali delicate. Il sogno di questa donna dallo sguardo sincero e speranzoso, è quello di vedere il suo paese libero dalla tirannia di una dittatura militare che dal 1990 opprime il popolo birmano e la vede costretta agli arresti domiciliari. Un esempio di come l’amore per il proprio paese, per la libertà e la democrazia possano dare la forza per vivere 20 anni rinchiusa nella sua casa, lontana dal marito e dai figli. Figlia d’arte, se vogliamo definirla con termini occidentali, ha speso tutta la sua vita per cambiare lo status quo, ma la sua battaglia è stata silenziosa, pacifica e fatta di semplici parole. In questo momento in cui in Italia si parla di disoccupazione, di riforma del mercato del lavoro, in questo periodo storico in cui siamo attanagliati da una crisi economica, Aung fa la differenza. Quell’unico seggio è l’espressione della vittoria di un popolo intero, un popolo che crede nella possibilità di tornare ad essere libero, un popolo che continua la sua battaglia e lo fa grazie a questa donna che ha insegnato loro ad essere rispettosi dell’avversario. La dignità di un popolo e la sua forza risiede nella capacità di saper combattere utilizzando quell’arma che è più forte al mondo: la parola.
Che sia da esempio per tutti: politici, tecnici, uomini e donne, giovani e anziani, una donna la cui forza morale è stata più forte di quella militare, una donna che  ha sacrificato la sua vita per raggiungere un obiettivo più grande, quello di vedere il suo popolo indipendente. Certo lei stessa ha accolto la vittoria con discrezione, consapevole che quella vinta è solo la prima tappa di un percorso ben più lungo, che mira all’organizzazione di uno stato unito e democratico.

Che sia di esempio ai ciarlatani, pregni di "valori morali", che stanno governando il nostro "martoriato" paese............a quando una Aung San Suu Kyi tutta NOSTRA.

Aung il mio cuore è con te.  Mauro Lago.

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